Perché è la memoria ciò che conta davvero in un evento.

Hai presente quando torni da una vacanza stupenda, in cui tutto è andato bene: posti strepitosi, nuovi amici, cibo squisito, paesaggi da instagrammare ogni giorno e poi al ritorno, dopo 15 giorni di perfezione, ti perdono la valigia.

Quando  poi gli amici ti chiedono: ‘’Come è andata la vacanza?’’, tu rispondi: ‘’Bene, ma mi hanno perso la valigia!’’

Di quei 15 giorni magnifici, la memoria più impressa è quella della valigia andata perduta.
15 giorni magnifici, un giorno in cui Qualcosa è andato storto. 15 contro 1. Vince l’1!

 

Ecco la rappresentazione di un classico bias causato da una parte del tuo cervello, quello che Daniel Kahnemann chiama il sistema 1.

Kahnemann, psicologo israeliano, docente a Princeton, fondatore della finanza comportamentale, è anche vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2002.

Per capire come mai uno psicologo vinca un premio in economia, oltre al suo curriculum basta leggere il suo libro ‘’Pensieri lenti e veloci’’.  Una lettura fondamentale per il management e molto utile – di conseguenza – per chi si occupa di eventi e in ogni caso di progettazione di esperienze.

Cervello credulone e cervello pigro

Nel nostro cervello ci sono due diversi sistemi.

Il sistema 1, veloce, primitivo, intuitivo.
Il sistema 2, lento e analitico.
Il sistema 1 è un credulone.
Il sistema 2 è pigro.

Aiuto, verrebbe da dire, ma in quali mani, o meglio, in quale cervello ci siamo messi!

Gli studi sulla psicologia comportamentale ci aiutano proprio a capire e dunque a contenere gli errori del sistema 1 e ha mettere in moto il sistema 2.

Andiamo con ordine.

I bias sono distorsioni cognitive. Bias deriva dal francese medievale e dignifica obliquo. È come se una linea retta venisse distorta da una lente (il sistema 1) a causa del suo agire immediato, mentre il sistema 2 è a riposo.
In altre parole: un fatto o un’esperienza vengono percepiti in modo diverso rispetto a ciò che realmente sono, con un’intensità diversa rispetto al peso specifico che di fatto hanno dentro il contesto in cui sono accaduti.

Torniamo all’esempio iniziale.
Su 15 giorni di vacanza rimane più impresso nella memoria il disguido della valigia persa. Il resto – che è molto di più da un punto di vista quantitativo –  come i luoghi esplorati, le persone divertenti incontrate, le nuove scoperte, i profumi e i sapori gustati con gioia e curiosità, sfumano in secondo piano.

Il marketing comportamentale si occupa in fondo di questo: conosce le trappole del sistema 1 e le utilizza. Ci sono due modi per farlo: sfruttare in modo aggressivo la creduloneria oppure – senza manipolare in modo speculativo – far sì che il ricordo della vacanza sia archiviato con i suoi lati buoni, invece che con il solo episodio negativo.

Il sistema 1, in sostanza, è quello che crea la percezione e la archivia.

Non è l’esperienza in sé che conta, ma la sua memoria. È ad essa che attingiamo quando dobbiamo prendere una decisione.

Se torno all’esempio della valigia persa, pur avendo viaggiato magari 30 volte con quella stessa compagnia aerea sempre senza intoppi, anzi con servizi eccellenti, basta un unico episodio a cambiare la mia memoria su quella compagnia e a scegliere in futuro altre compagnie.

Anche perché, come scrive Kahnemann, il nostro cervello è fatto in modo tale da indugiare più sul pericolo, sull’esperienza negativa che sul quella positiva. Ciò era necessario, quando eravamo primitivi, per sopravvivere.  E cita Paul Rozin, esperto del sentimento del disgusto: basta uno scarafaggio in una ciotola di ciliegie a rovinare tutto, mentre una ciliegia in una ciotola di scarafaggi non ci farebbe amare quella ciotola.

Scrive Kahnemann:
Il sistema 1 è sprovveduto e tende a credere (‘’a tutto’’ aggiungo io), il sistema 2, che avrebbe il compito di dubitare, valutare, confrontare, analizzare, a volte è indaffarato in altro e più spesso è a riposo.

Succede allora che decide il sistema 1 per noi: non voleremo più con quella compagnia. Il sistema 2 in modo analitico potrebbe invece farci capire abbiamo avuto un disguido una volta su 30, il 3%. Il nulla da un punto di vista statistico.

Behavioral Event Management

Negli eventi solo da alcuni anni fa si è iniziato a studiare come usare le scoperte della scienza a favore di una migliore esperienza. Gli studi riguardano soprattutto gli eventi congressuali, meno quelli culturali o sportivi.

Alcuni anni fa ho collaborato alla stesura di un paper con il professore Federico Brunetti suggerendo alcune azioni negli eventi culturali per lasciare un’eredità (leggi: ricordo) positiva nei frequentatori. Da allora nella progettazione cerco sempre di tenere conto del sistema 1 e del sistema 2.

Scoperte utili all’event design e management

Qui di seguito sintetizzo tre scoperte che possono essere di grande utilità nella progettazione.
I Tips & Tricks sono:  ✅ suggerimenti e ⚠️ rischi.

Anticipazione (Vorfreude)

Ne ho già parlato nella prima lettera Attesa. Si tratta di un ”tempo” importante: non appena lo spettatore acquista un biglietto l’evento per lui è già iniziato. Studi sul turismo e il behavioral management rilevano che spesso è più intensa la gioia dell’attesa, che l’esperienza vacanza in sé.

L’invito è quello di riempire l’attesa come fosse già evento, facendo però attenzione ad alcune trappole.

Peak-End Rule

Kahnemann ne parla molto nel suo libro. Restano più impresse nella memoria esperienze ‘’picco’’ e il finale con il botto. Ciò significa che il palinsesto di un evento va costruito in modo tale da far vivere in una curva sinusoidale momenti picco e momenti più tranquilli. Nello sport i momenti picco sono ‘’regalati’’ da ciò che avviene in gara. Ma conosciamo tutti quella sensazione in cui ‘’non c’è gara’’, la partita è noiosa o il vincitore dall’inizio alla fine è in testa senza colpi di scena. Chiaro che in questo caso noi non possiamo fare molto, ma possiamo intervenire sulla cornice: portare momenti picco prima e dopo la partita dentro l’esperienza complessiva.

Effetti sequenza

Questa è una scoperta fondamentale per gli eventi. Se visualizziamo la customer journey sappiamo che ci sono momenti di ‘’dolore’’, per esempio la coda per entrare nel sito dell’evento, e momenti di gioia. La distribuzione temporale di questi diversi momenti è centrale.

Un esempio valga per capire bene. Immaginiamo che io stia seguendo una partita di calcio e la mia squadra sta vincendo 2 a 0. La squadra avversaria recupera negli ultimi 10 minuti e si chiude al pareggio, 2 a 2 . Risultato uguale per entrambe le squadre. Eppure io soffrirò perché prima stavo vincendo. I tifosi della squadra avversaria invece festeggeranno, perché prima stavano perdendo. La sequenza è determinante.

Immaginiamo tutto il percorso degli spettatori. Come possiamo equilibrare i diversi momenti, facendo anche tesoro della peak-end rule? Se siamo certi che ci saranno momenti ‘’difficili’’ inevitabili, cosa possiamo offrire subito dopo che sia sufficientemente intenso da far slittare il ‘’fastidio’’ precedente in secondo piano?

In questo video racconto come queste ed altre queste scoperte possono essere applicate nella progettazione di un evento.

La memoria

Nel design di un evento va sempre tenuto conto del fatto che è la memoria ciò che lo spettatore si porta a casa. E che tale memoria si costruisce spesso perché il sistema 2 è pigro e non si mette in campo per sostenere un punto di vista equilibrato.

Va poi tenuto conto che sceso il sipario, l’evento non è finito. La memoria di quella esperienza si nutre anche nell’uscita dal sito, nel recupero della macchina al parcheggio, nei post taggati una volta seduti a casa sul proprio divano, nel sondaggio che si riceve per mail o nella cartolina inaspettata di un ‘’grazie per essere stato con noi’’ ricevuta anche giorni dopo.

 È dunque la memoria ciò che dobbiamo tenere a mente quando progettiamo un evento.

Risorse
B come Behavioral Management
Per andare a fondo
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La foto in testa a questo post è di  Dil da Unsplash

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