Human Centered Design: la nuova sfida delle operation negli eventi

”Potete immaginare, creare e costruire il luogo più meraviglioso della terra, ma occorreranno sempre le persone perché il sogno diventi realtà.”

Walt Disney

Alcuni giorni fa un mio contatto su LinkedIn, Marco Sansoni, ha condiviso una slide che è diventa il mio mantra.

”Non esiste più il B2C o il B2B, esiste il H2H: human to human”.

Negli eventi sportivi sono ormai acquisite le espressioni fan engagement, fan experience, spectators engagement, experience economy e così via.

Ed era ora ed è importante, perché un evento sportivo senza pubblico è monco, è mutilato, è come se l’audio fosse spento.

Ma dentro il contenitore evento non ci sono solo gli spettatori.

Ci sono centinaia e migliaia di altri esseri umani che per altrettanti motivi quell’evento lo attraversano. E intorno a loro c’è un ‘’territorio’’, uno spazio fisico che altri esseri umani ancora contiene.

É praticamente impossibile riuscire a pensare davvero a tutti loro, tutti, proprio tutti, soprattutto se l’evento è molto grande.

Ma uno sforzo in questa direzione va fatta.

Non solo gli atleti e non solo gli spettatori vivono e dotano di vita l’evento.

In questa slide ho provato a costruire una costellazione che non può essere esaustiva, ma che vuole solo illustrare la varietà di persone che si muovono dentro e intorno agli eventi e offrire alcuni spunti di riflessione, per agire davvero human to human.

Human Centered Design per Eventi

Occuparci delle persone dentro un evento vuol dire garantire a tutte un’esperienza di crescita, di apprendimento, di trasformazione (anche solo nella memoria o nell’acquisizione di nuove competenze o nella conoscenza di nuove persone). O semplicemente vuol dire nutrire un frammento di vita che resterà per sempre custodito nella propria storia personale.

Occuparsi delle persone dentro un evento non può essere solo un’operazione di marketing per vendere più merchandising e garantirsi una fanbase fidelizzata.

Certo non ci possiamo occupare di tutti e non possiamo accontentare tutti, ma seguendo gli obiettivi profondi indicati dalla mission, dobbiamo occuparci strategicamente anche di chi sta fuori.

La cosa che io riscontro spesso è che siamo ben lontani da questo, perché addirittura dentro l’evento non ci occupiamo di tutti gli esseri umani con la stessa attenzione e la stessa cura.

Per esempio? Beh il parcheggiatore che sta fuori dal sito, che magari sta ore al freddo o sotto la pioggia che fa un lavoro noioso e orrendo e che non vede l’ora di tornare a casa al caldo. Anche questa persona è importante e la sua ‘’esperienza’’ va presa in considerazione.

Ho sempre pensato che lavorare nello sport sia qualcosa di magico perché vivi qualcosa di intenso e irripetibile, ogni volta. E ho anche sempre pensato che questa cosa bella deve potersela godere chiunque, anche il parcheggiatore al freddo.

Lo human centered design negli eventi, a mio avviso, pone delle sfide molto chiare, sebbene dentro confini sfumati tra il dentro e il fuori. Tutte le persone sono importanti e all’esperienza di tutte va posta la stessa ed empatica attenzione.

Mi direte: a che pro?

Potrei dirvi: per garantire reputazione, passa parola positivi, marketing per chi, pur stando ai margini, potrebbe diventare cliente, e cosi via.

Ma la risposta è molto più semplice: perché sono persone come noi.
Perché sono le persone, come disse Walt Disney, che trasformano la realtà in un sogno.

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La foto in testa al post è di Al Soot / Unsplash.
La grafica è invece realizzata con Mural.

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